Intelligent life is all around us.

venerdì, giugno 30, 2006

Piccolo, spazio, pubblicità.

Spaventa
La decadenza
E la fiducia è come un muro
Mentre si crepa

Si cresce
La voglia si fa noia
E per difesa può crollare
Un valore

O il nome mio
Che ho già tradito
Restando in fila
Da ultimo o primo

Confuso dentro questa nebbia tutto sembra più scuro
Il dolore
Ha reso incerto il sicuro
Non tremo
Voglio arrivare lontano

Non sono, mai andato, lontano
Non sono, mai andato, lontano
Non sono, mai andato, lontano
Non sono, mai andato…


Ma se è una sfida
Scappare non è dato
Si perde sempre in piedi
Mi credi?
È il solo modo per darsi il perdono
Per non venire meno
A ciò che si è già stato
Il tempo è passato
Si sbaglia da uomo
Un uomo…

Sognavo, di scappare, lontano
Sognavo, di scappare…

Lontano
Non sono, lontano
Non sono, lontano
Non sono, lontano
Non sono…


Nessuno ti protegge, nessuna pietra, nessuna fortuna
Nessuno ti protegge, nessuna pietra, nessuna fortuna
Nessuno ti protegge, nessuna pietra, nessuna fortuna
Nessuno ti protegge, nessuna pietra, nessuna fortuna

Nessuna pietra...
Nessuna... fortuna...
Nessuno ti protegge, nessuna pietra...
Nessuna... fortuna...
Nessuna... fortuna...
Nessuna... fortuna...


Nubia - Gocce (La fattoria delle zanzare, 1998)

giovedì, giugno 29, 2006

Piove, governo laido!


Lo avevano detto, ma non ci avevo creduto.

Temperature in diminuzione, da giovedì cambia la solfa, Bernacca pederasta... questi i principali titoli meteo degli ultimi giorni, e salvo che per la definizione di Bernacca, sulla cui natura andrebbe comunque indagato a fondo, sembrerebbero averci preso per davvero.
Almeno a giudicare dal risveglio gavettone di oggi.

Intanto mi sveglio, che dopo ieri sera è già qualcosa, con un vampiro sul letto che mi accarezza e stampa bacini e spergiura che "tivogliodavverobene".
Mi fa piacere, signorina Nosferatu, ciò non toglie che al mattino io c'ho l'alzabandiera come il 95% dei maschietti che conosco e più che volerle davvero bene tendo a ragionare su cose depravate.
Lì per lì, infatti, penso all'eventualità di proferire una frase tipo "Mi fai un pompino, per piacere?" ma è solo un attimo: è noto che nella sfera sessuale il galateo è controproducente, quindi dovrei per forza togliere il "per piacere" alla fine, per ottenere l'effetto desiderato.
Resisto alla tentazione: a stento, ma resisto e aspetto che questo afflato romantico si spenga per alzarmi dal letto.

Il resto, come si dice, è storia nota: il tragitto casa-metropolitana di ogni mattina, compiuto sotto il diluvio universale con la consueta accoppiata magliettina maniche corte-pantapusher (il pantapusher è quel pantalone di materiale un po' leggero, nda) e un cappello che mi fa assomigliare tremendamente a Sampei.
Durante lo spostamento ripenso a ieri e mi convinco che i blogger, in fondo, sono brava gente. Ripenso a Simone OL che mi fa uscire di casa con un assestato colpo di telefono mentre stavo riguardando "I 2 carabinieri", al minimo lasso di tempo che ha separato Spad dal rollare non appena ci siamo visti, ai discorsi colti su Bennato e "Patrizia" di Finardi con Canta e ai complimenti di Malapuè per un chiaro di luna.
Davvero, guardiamoci la partita insieme, dico io, che v'importa se Spad tifa Del Piero? Nessuno è perfetto!

Ma intanto piove e io devo arrivare all'ufficio, e un ribaldo esce dal bar stringendo felice un croissant tra le mani.
Crisi di invidia, affanculo il ritardo!
Entro nel bar e cappuccio e brioche, per piacere.
Con calma, certi momenti vanno gustati con estrema calma. E con un velo di cacao, per Dio, ma come fai a immaginarti un cappuccino privo di, mi chiedo?!
Tutto per ritrovarmi nell'unico angolo dell'ufficio che mi strappi un sorriso: il balconcino dei fumatori. In solitaria, visto le condizioni metereologiche.
E lì penso che scriverò un post sulla pioggia. Sisisisi, farò proprio così, e parlerò anche della pianta sul mio, di balcone: anche lei gode non poco, quando piove.

L'ho ereditata da mia nonna quando ho traslocato, si chiama Miseria perchè è tenace e cresce ovunque, e io la odiavo.
Si, la odiavo come tutto quello che ha lasciato mia nonna di suo in quella che è la mia prima casa da solo e che, figurati se non era così, secondo lei dovevo custodire gelosamente perchè ci era affezionata.

Nonna, massimo rispetto, ma ti pare che aspetto 29 anni per trovare un cazzo di posto che sia mio e poi ci tengo quello che pare a te?! Non esiste proprio.

L'eredità complessiva consisteva nelle piantine e in un catafalco di 3x4 metri, impropriamente definito armadio. Lui l'ho smontato a testate durante una crisi di onnipotenza la scorsa estate, al grido di "o tu o me, sarcofago di merda", mentre alle piante ho riservato totale e cinica indifferenza per tutto l'inverno, condannandole di fatto all'oblio.
Salvo poi ritrovare lei sola, la Miseria, sopravvissuta a me, alla mia incuria, al gelido inverno milanese.
E allora te lo meriti di vivere, vecchia mignotta, faccio tanto di cappello e ti prometto che ti darò acqua tutti i giorni, perchè sei stata veramente eroica, e io vorrei essere un po' come te.

Poi me ne dimentico perchè sono pur sempre un folgorato, ma va bene lo stesso. Tanto oggi piove.
Nella foto: la Miseria.

mercoledì, giugno 28, 2006

Il rispetto, secondo noi.

Programma "Notti mondiali", poco prima del fischio d'inizio di Francia - Spagna. Mazzola e quel coglione di cui mi sfugge il nome discutono per 10 minuti buoni della tragedia di Pessotto, usando espressioni affatto sensazionalistiche come "vincerà anche questa partita", etc etc

La chicca giunge da Mazzola in chiusura di collegamento:

...ma noi non ne vogliamo parlare - mentre ne parla - perchè rispettiamo la situazione.

Termina il collegamento.

Mazzocchi
Giusto! Noi non speculeremo su questa storia: telepromozione!

La telepromozione scorre, si ritorna in studio.

Mazzocchi
Ecco, torniamo giusto altri 2 minuti sulla vicenda Pessotto...

A questo punto lui, Signori, Collovati dicono a turno la loro minchiata buonist-altisonante. Il tutto culmina con:

Collovati
Io voglio che Gianluca ritorni al più presto al suo mondo.

Viene trasmessa la partita.

Alla fine di nuovo tutti in studio, dove la scaletta recita come primo titolo: "Tutti con Gianluca". Segue una mezz'ora buona di puttanate assortite.

Notevole anche in questo caso la chiusura:


Galeazzi
Pessotto deve assolutamente chiudere la sua vita sportiva con noi.

Come se di fronte a queste cose contasse qualcosa quello che VUOLE Collovati.
O quello che Galeazzi crede che Pessotto debba ASSOLUTAMENTE fare.

Ecco, io credo che questa gente meriterebbe la morte.
Atroce, possibilmente.

martedì, giugno 27, 2006

Bye bye, baby.

Passa il tempo, passano le cose che ti spaventavano.
Ogni paura, ogni sofferenza, lascia il posto a nuove situazioni che ancora non vedi, ma già stai aspettando.

Il tempo passa dal settembre del 2000, anche se a te non sembra.
Anche se ci rimani dentro.

Il tempo passa e si porta via il tuo cane, per esempio, anche se ci eri così abituato che credevi davvero di arrivarci insieme alla vecchiaia.
Contro ogni legge naturale, contro ogni principio fisico: proprio perché ti dimentichi facilmente di certe regole, quando scegli di amare qualcuno.
Che sia il cane, la tua donna o tua madre poco importa: l’amore, per sua natura, mal si concilia all’idea di fine.
Qualsiasi essa sia.

E ora che un’altra pagina è stata girata, risale quel familiare senso di vertigine nel trovarne una vuota dopo.
Risale il pensiero di come verrà riempita stavolta, e che è stancante riniziare da capo ancora.
Avere 30 anni, forse, vuol dire proprio iniziare a sentirsi stanco di tutto: per prima cosa dei tuoi goffi tentativi di scrivere una pagina che prima o poi finirà.
E magari anche avere voglia di trovare un coautore che ti aiuti a buttare giù le prossime righe della tua esistenza.
Per non trovarla mai più così desolatamente bianca, la pagina dopo.

Ma adesso basta tristezza, che questa non è una pagina triste.
Brindiamo alla fine di situazioni equivoche, di grandi e piccoli tradimenti, di paranoie inconfessabili.
Brindiamo alla salvezza di una grande amicizia, alla nascita di nuove intimità, a un posto vuoto che, nel bene e nel male, sarà finalmente casa mia.

Mia e basta.

E se ora dev’essere solitudine che sia: le dedicherò il mio sorriso più seducente e un bicchiere. A patto che anche lei beva con me.

E per pagare, Madama Tristezza, facciam bim bum bam.
Pari o dispari?

lunedì, giugno 26, 2006

No.

Un bel voto a perdere.
Nel senso che perderemo e io lo so, quindi non capisco proprio perchè ho sacrificato una dignitosissima pausa pranzo per recarmi con 40° all'ombra a votare.

Oltretutto, visto che ho vinto le ultime trenta edizioni del premio "bucco d'aquila" e ci tengo a farmi riconoscere, prima di incocciare il seggio giusto sono entrato in ben tre scuole.

La prima era quella solita, che però mi hanno cambiato l'ultima volta. Cosa che naturalmente non ricordavo.

La seconda me la sono inventata di sana pianta, confondendo clamorosamente il nome della via.

Musashi (fingendo di essere educatissimo)
Mi scusi, non riesco a trovare il mio seggio, mi potrebbe aiutare?

Sbirro (impugnando la scheda elettorale)
Ma qui c'è scritto "Via Massaua, 5".

Musashi
Eh, appunto. Non è questa?

Sbirro (schifato)
No, questa è via Zuara.

Musashi
Ah, la ringrazio. (e anticipandolo) Lo so, sono un coglione.

Giungo finalmente nella scuola giusta, pezzato come un cavallo e con tre litri di ascella bellamente alonati sulla camicia.

Scrutinatrice
Finalmente un giovane a votare, era ora! (rivolta all'altra) Vero che sono arrivati solo vecchierelli? (di nuovo verso di me) Io dico che non c'è abbastanza informazione.

Io vorrei risponderle che l'informazione è pure troppa, che ognuno salta su e dice cagate fumosissime impiegandoci 6 ore quando magari basterebbero 5 minuti e che se ci volessero partecipi a 'sto teatrino del cazzo ci dovrebbero stipendiare per ascoltarli, allora sì che mi sciropperei ogni merdosa puntata di "Porta a porta".

Ma ho già litigato a sufficienza con i miei sull'argomento, per cui abbozzo un "hmmm, sissic'hairagione" di circostanza e richiedo la schedina.

Entro, esprimo il mio disappunto ed esco: nemmeno un minuto.

Lei non demorde:

"Eh, che velocità! Ci ha messo davvero poco, deve tornare a lavorare?"

Stavolta non resisto:

"No signora. In mia assenza, ho dato disposizione ai miei compagni talebani di bombardare l'ufficio a tappeto: a quest'ora dovrebbero avere finito".

Lei ride.

Chissà per che cazzo mai.
Nella foto: e dire che avevo anche controllato la mappa, prima di andare.

venerdì, giugno 23, 2006

Piccole miserie quotidiane (vorrei essere il Gundam).

Perchè di carne e ossa?

Una sequoia, per esempio, non ha certi problemi.
Ha ben chiaro il suo ruolo, lei, non deve mica snaturarsi per vivere.
Se ne sta lì, con i suoi rami al vento e le radici che ciucciano pioggia.
E se opera la fotosintesi, sarei pronto a scommetterci, è solo perchè la sua natura glielo impone.
Non se la mena neanche se nessuno la chiama.
Non deve riordinare la stanza; non ha pulsioni freudiane, erezioni fuoriluogo, crisi esistenziali, day after da sbornia.

Non fa un cazzo di niente: sta lì e vive.

Anche Kenshiro: non sanguina mica per davvero.
Una serie di linee fatte col pennino, null'altro.

Lui, addirittura, non ha coscienza di sè.

Lo si capisce dal fatto che continua a stare dietro a Julia nonostante tutto.
Perchè quello, lapalissianamente, non può che essere il capriccio di un autore.
Se fosse libero di muoversi per cazzi suoi, il buon Ken, uscirebbe subito da quelle pagine per infilarsi nel letto di Lamù.

Basta con scenari post-atomici e omoni di tre metri e mezzo da far esplodere; basta con stupide ripicche tra Nanto e Okuto, con le trasnigrazioni attraverso Satoru, con i fratelli rosiconi.

"Giunge il regno dell'amore - direbbe - volemose bbene".

Ma ahimè, anche lui ha un cazzo di datore di lavoro sadico che ne limita il libero arbitrio. Solo che non lo sa.

Quindi, per superare le difficoltà, io vorrei essere una macchina.
Ma non una Volvo o una Ferrari.
Piuttosto uno di quei robottoni nipponici grossi come una casa, che hanno l'onore del titolo del cartone ma sotto sotto non fanno un cazzo.
O almeno, non fanno un cazzo in confronto a quelli che lo guidano.

Aran Banjo è stato plasmato, fulminato, grande tifonato migliaia di volte, eppure io non guardavo "Le avventure di Aran Banjo", guardavo il "Daitarn 3".

I vantaggi sarebbero infiniti e sotto gli occhi di tutti, non ultimo quello che sarebbe impossibile sentirsi dei perfetti imbecilli a causa di un rifiuto.
O, peggio ancora, indifesi.
Perchè sfido chiunque a sentirsi indifeso con i raggi gamma a disposizione, e un cannone fotonico grosso come minimo una decata di metri.

Datemi un telecomando, che voglio cambiare canale.
Click.

Ti odio e poi ti amo.

giovedì, giugno 22, 2006

Ovunque proteggi.

Non dormo ho gli occhi aperti per te
Guardo fuori e guardo intorno
Com’è gonfia la strada
Polvere e vento nel viale del ritorno

Quando arrivi, quando verrai per me
Guarda l'angolo del cielo
Dov’è scritto il tuo nome
È scritto nel ferro, nel cerchio di un anello

E ancora mi innamora
E mi fa sospirare così
Adesso e per quando tornerà l'incanto

E se mi trovi stanco
Se mi trovi spento
Se il meglio è già venuto
E non ho saputo, tenerlo dentro me

I vecchi già lo sanno il perché
E anche gli alberghi tristi
Che troppo è per poco e non basta ancora
Ed è una volta sola

E ancora proteggi… la grazia del mio cuore
Adesso e per quando tornerà l'incanto
L'incanto di te... di te vicino a me

Ho sassi nelle scarpe
E polvere sul cuore
Freddo nel sole
E non bastan le parole

Mi spiace se ho peccato
Mi spiace se ho sbagliato
Se non ci sono stato
Se non sono tornato


Ma ancora proteggi… la grazia del mio cuore
Adesso e per quando tornerà nel tempo
il tempo per partire
il tempo di restare
il tempo di lasciare
il tempo di abbracciare

In ricchezza e in fortuna
in pena e in povertà
Nella gioia e nel clamore
Nel lutto e nel dolore
Nel freddo e nel sole
Nel sonno e nel rumore
Ovunque proteggi... la grazia del mio cuore
Ovunque proteggi… la grazia del tuo cuore

Ovunque proteggi
Proteggimi nel male
Ovunque proteggi
La grazia del tuo cuore

- V. Capossela

Perchè tanto odio?

La civiltà di un luogo, mediamente, si può calcolare dalla qualità del cesso.
Nell’ufficio in cui lavoravo prima, a guisa di bagno vi era un loculo di 1,5 x 2 metri, con un unico mini-spioncino basculante (non finestra eh, c’è differenza) che dava sull’ufficio dell’amministrazione.
Se avevi la sfiga di essere in una di quelle giornate lì dove la produzione non era proprio granitica e ti scappavano rumori inconsulti, le onde sonore si diffondevano prima ai tuoi capi, per poi rimbombare in tutta l’agenzia. Anche perché la dimensione della stessa era paragonabile a uno sputo.
Piuttosto imbarazzante, nonostante il pensiero consolatorio che l’odore dovesse compiere il medesimo percorso mi provocasse un certo sadico piacere.

Giungendo nella nuova agenzia, mi è venuto naturale controllare se, almeno in questa delicata questione, avevo fatto un passo avanti.
Un’ampia finestrona dirimpetto all’entrata, mi ha subito fatto tirare un sospiro di sollievo. Niente entusiasmi da Ideal Standard, per carità, e opinabile scelta di una porta a soffietto; ma locale separato, areato e luminoso.

Figo.

Ad ogni modo, è noto ai più che utilizzare il bagno del luogo di lavoro è proprio una soluzione da ultima spiaggia, quando l’alternativa è fare come quel mio compagno delle medie che un giorno decise di defecarsi nei pantaloni per ostinazione.
Per questo, da quando sono qui, non avevo mai utilizzato questo prodigio della tecnica.

Fino a ieri.

Quando, presentandosi un’inderogabile necessità, mi sono apprestato all’esordio, ho percorso il tragitto verso la mia meta con piglio baldanzoso: il passo di colui che è conscio di averne passate di ben peggiori sull’argomento e sa di potersela cavare egregiamente.
Senonchè, una volta aperta la porta, il panorama era questo.



Perchè mai un uomo sano di mente dovrebbe montare il server di fronte alla tazza?

Eddai, checcazzo.

mercoledì, giugno 21, 2006

Una musica può fare.

Svisate elettriche, virtuosismi vocali, archi a profusione e riff graffianti.

Guardo la sveglia: 4.30 am.

Ma abbassare il volume no, gran figlio di una puttana?

Peccati Capitali - part II/III: ira e superbia.


Il Musashimaru è una creatura perennemente malmostosa.

Schifato dalla sua natura e dal suo stesso habitat, trascorre le giornate in compagnia del suo ego monumentale, tra soliloqui deliranti e bestemmie, pianificando la conquista del globo a scopo distruttivo.

Disadattato socialmente e psichicamente instabile, recita a rotazione la parte del santarellino, del buffone, del poeta maledetto e del pazzo scatenato.

Le motivazioni del suo atteggiamento rimangono avvolte perlopiù nel mistero: alcuni sostengono la tesi del puro istinto, altri quelli della posa plastica, la maggior parte delle persone se ne fotte. Nuovi studi hanno però evidenziato una terza via, se possibile ancora più inquietante.
In pratica, il Musashi si comporterebbe così perché incapace di riconoscere esseri a lui similari, o anche solo paragonabili.

Da ciò si evincono alcune verità fondamentali:

- questo ragazzo, se la sente callara.

- questo ragazzo, non chiava abbastanza.

Nella foto: piacere di conoscervi, pezzi di merda.

martedì, giugno 20, 2006

Fortysix & 2.


Io sono un bluff. Non mi considerate, non affezionatevi, non cercate di suscitare in me alcuna reazione: rimarreste delusi. Mi viene in mente ieri, passato di corsa a far finta di essere agitato per una presentazione, a far finta di avere un ruolo a una riunione, a far finta e tanto basta. E poi mi viene in mente un post di Dhalgren, che diceva di non parlare mai di se stessi perché bene che vada diventi patetico. Sei bravo Dhalgren, mi piace quel che dici e scrivi molto bene: quindi vaffanculo. Vaffanculo te e tutti gli altri che scrivono pagine sagge, sensate, disperate. Vaffanculo all’illusione che scrivendo si possa essere meglio di ciò che si è. O si possa essere se stessi. Come se bastassero questi pochi centimetri di schermo ad impedire di assumere pose, o di dire quello che pensi invece di quello che pensi che la gente voglia sentire da te. Come se bastasse guardare un minimondo in 1024x768 pieno di concetti assurdi per dimenticarti dell’assurdo nulla che popola il maxipianeta in cui viviamo. Vai a fare in culo come vuoi, a modo tuo col muso duro o come faccio io in maniera malinconica e scanzonata: tanto sempre a culo si va a finire. E già che ci sono ci andrò parlando di me stesso, che di essere patetico non me ne frega un cazzo. E poi sono egocentrico, e nulla ho di meglio da dire. Quindi perché ero a sentire chili di spompinamenti reciproci e paroloni, bagni di vanagloria tra boriosi cresciuti nella bambagia e vacue giustificazioni di scelte prese in realtà per pura necessità?

Boh, non lo sa nessuno.

Fatto sta che ero lì e il tempo andava al rallentatore. E io pregavo per un black-out che appiattisse il tutto al buio, all’intimo e confidenziale buio che annulla le differenze e fa cacare addosso tutti allo stesso modo. E se questa cazzo di elettricità non dovesse tornare mai più? A cosa servirebbero i plasma, i software, i compressori, i mixer, i blog e ‘sta manica di cazzate che ci portiamo appresso? A nulla. Ma il Black-out non arriva, e al cliente qualcosa bisognerà pur raccontare per convincerlo a darci i soldi. E allora guarda che visione prospettica, la nostra location. Ma guarda che materiali opalini, per Dio, come fai a non entusiasmarti? Guarda guarda, coglione. Che se non guardi o ti sgamo che sbadigli, ce ne sono 10.000 là fuori pronti a guardare come e meglio di come fai tu. E loro non si farebbero tutti i problemi che ti fai a prendere un decimo di quanto piglio io lavorando 10 volte tanto. E non si crederebbero così bravi. Allora, stai guardando?

No, non me ne frega un cazzo lo stesso.

E allora stasera disdici tutti gli impegni che hai preso, perché si rimane qui fino a che IO non ho deciso che tu stai guardando come ti ho ordinato di fare. E ti tengo qui non perché ci sia bisogno di te, ma perché devi imparare a stare al tuo posto. E qual è il tuo posto lo decido io, sia chiaro. E smettila di pensare ad altro. Tu non puoi avere una vita tua. Io sì, e sai perché? Perché questa è la MIA attività. Quando anche tu ne avrai una, potrai pagare un povero stronzo come sei tu adesso perché la faccia andare avanti al posto tuo mentre tu fai il figo in Ferrari al mare. Fino a quel momento dovresti ringraziarmi e morire alla tua scrivania: almeno tu lavori. E vedi di essere bravo, ma non troppo: altrimenti mi fai fare figure di merda e io lavoro in questo campo da 30 anni, per Dio. Tu hai appena iniziato e cosa vuoi saperne?! Sei solo uno spocchioso come tutta la tua generazione. Avete appena finito di ciucciare il latte dalla mamma e vi sentite già arrivati. E in più pretendete di parlarci alla pari, con i vostri orecchini agli occhi e i tatuaggi, non è così?

Si, è così.

Ecco, lo sapevo! E magari stai ancora attaccato alla sottana della mamma, vero?

Con lo stipendio che mi dai non ti dovresti stupire, comunque abito per i cazzi miei. E la mia mamma mi manca, per inciso.

Fai pena, io alla tua età avevo già un figlio. Avete avuto troppo, questo è il vostro problema. E adesso vai pure al concerto, ma solo perché avevi già chiamato i tuoi amici per disdire il tutto e io invece non sono così stronzo come credi. Vedi che non sono così stronzo? Ti avevo detto che non tiravamo le 9 e adesso sono le 8 e mezza e io prima o poi ti starò simpatico perché non credere che se sono arrivato ad avere tutto questo sia un caso. Ci sono arrivato perché sono bravo e intelligente, come e più di te che credi di esserlo e te ne stai lì tutto incazzato perché io che lo sono per davvero spaccio per mie le tue idee che se le spacciassi per tue non le cagherebbe nessuno. Perché io sono un vincente, hai capito? Io sono capace di tenerti qua fino all’ultimo per niente e poi darti il mio beneplacito come il papa proprio all’ultimo momento o eri fottuto. Vero che adesso mi stimi di più?

No, ti odio. Comunque grazie, vado al concerto.
Nella foto: wear your grudge like a crown of negativity.

venerdì, giugno 16, 2006

E lo chiamarono Hikmet.

Sono conscio del fatto che è un limite, ma le poesie mi hanno sempre fatto cagare. Scusami Nazim.

Del resto, se tu avessi ascoltato la mia musica, probabilmente avresti detto lo stesso.

giovedì, giugno 15, 2006

Cose che si dicono.

Ciao.
Stai leggendo? Sei proprio tu?

Non volevo parlare di te qui, era un mio preciso intento.
Ho stressato tutti i poveri sfigati con cui ho parlato dal vivo per troppo tempo, parlando sempre di te. Questa sarà un'eccezione, poi tornerai a startene buona buona nella mia testa e fuori dalle mie pagine.

Volevo solo farti sapere che per una serata come quella di ieri, varrebbe la pena di farsi bruciare un'altra macchina, di fallire un'altra convivenza e di aspettare altri 6 anni.

Checchè tu ne dica io continuo a trovarlo patetico.
Checchè ne dica io, non potrò mai fare a meno di pensarla così.

Che ne dici, è anche questa una risposta perfetta?

A presto.

mercoledì, giugno 14, 2006

Sesso spesso e volentieri.


Ok, non fraintendete il titolo: quella è la teoria, in pratica scopo col contagocce.
Il mio problema è che sono arrivato quasi ai trenta senza utilizzare le capinere, mi dispiacerebbe cedere proprio adesso.

Che poi massimo rispetto, eh?! È solo per quella questione del pagamento: mi piace conservare l’illusione dorata che la motivazione, in certi casi, faccia ancora la differenza.

Come dire… analizzando razionalmente la cosa, ti vien da pensare che il movimento è meccanico. Che in fondo, per quanta fantasia tu possa avere, le parti in gioco sono sempre le stesse.
Che, insomma, l’argomento sia molto sopravvalutato.

Quindi dovrei pagare per cosa? Un buffo esercizio ginnico che non mi scolpisce gli addominali, prestato con estrema professionalità non da un trainer ipertrofico, bensì da un'aitante signorina che, ed ecco il nocciolo della questione, non gode quanto me.

Ma no, cazzo! Il maschietto è egocentrico: pretende graffi sulla schiena, urla soffocate, miagolii nel buio. Pretende la sacrosanta illusione di essere LUI il motivo di tanto entusiasmo.
Insomma, in soldoni, io per sentirmi davvero un figo™ devo sentirmi dire porcate per il gusto del maiale, altrochè vil denaro.

Altrimenti tanto vale un rush onanistico e tanti saluti.

Anche perché, senza mettere in discussione l’utilità che perdo, ma in quanto a sex appeal supererò bene una banconota. O no?!
Nella foto: no, Musashi.

martedì, giugno 13, 2006

La sgradevolezza. (Musashimaru? Pfui.)

Oggi mi sento così depresso che la bollicina di acqua Lete, in confronto, è la regina della festa.

Aggiunta delle 17.17: se 'sta cazzo di giornata non finisce alla svelta, sparo a sale sulle chiappe di qualcuno.
Non importa di chi: quelle del primo che passa, fossero anche le mie.


Aggiunta ulteriore delle 18.23 (ultima, giuro): come ciliegina sulla torta, il mio art director se ne va a fine settimana. Vabbè, dopotutto fare il copy mi aveva rotto i coglioni.

lunedì, giugno 12, 2006

Poi è coraggio, prima merdellone.


Politically uncorrect: beviamoci 'sti negroni.
Nella foto: occhio al Ghana, che dà alla testa.

Domenica lunatica.


Settimo giorno nell'alto dei cieli: tutta la combriccola di divinità sta in circolo a creare, istruire, dirimere, profetizzare, etc etc.
Dio, spaparanzato su un divano di nuvole, si scazzica pigramente il naso.


Allah (rivolto a Ganesh):
Hai visto quella lenza di Jahvè? Non c'ha mai voglia di fare un cazzo! I suoi fedeli si sentiranno abbandonati.

Dio:
Akhbar, vecchio rompicoglioni. Ti ho sentito sai?! Per tua informazione, io mi sono sbattuto dal lunedì al sabato, mica come te. E poi il mio gregge potrà bene far senza di me almeno per oggi, no?!

Le pecorelle suddette, con intuizione geniale, scelgono la domenica per celebrare la Santa Messa.

Dio (gelido):
Ma chi gliel'ha detto a questi di celebrarmi proprio oggi? Oggi sono chiuso.

Allah (malizioso):
Te l’ho detto, vecchio mio: più che pecorelle, mi sembrano un gregge di pecoroni.

Dio (stizzito):
Zitto tu! Che i tuoi bombaroli sono pronti a farsi saltare in aria a un tuo minimo cenno. Bei sudditi quelli.

Allah:
Non cambiare le carte in tavola: io non l’ho mai menata con il libero arbitrio. Per quanto mi riguarda: se non la pensi come me, Jihad.

Dio:
Ecco, appunto. Io sono per la pace.

Allah:
Risparmia le panzane per i tuoi “ambasciatori” laggiù, non me la bevo.
Come la mettiamo con i crociati?

Dio (in sgamo):
Ehm, quelli…

Allah (incalzandolo):
E l’inquisizione?

Dio inizia a sudare copiosamente, Satana sghignazza.
Nel frattempo, Papa Ratzinger nell’Angelus esalta la Chiesa che (testualmente) “ ha disseminato la storia di grazia e bontà”.

Dio:
Maledetto lui e le sue uscite: giusto in tempo, eh?! Sei proprio CRUCCO!

Zeus (sarcastico):
Preferivi Santo Subito? Quello che si è affacciato insieme a Pinochet dal terrazzo di Santiago del Cile? Che mostruosità!

Chtuhlu:
Qualcuno mi ha chiamato?

Dio (confuso):
Voi due fatevi una forchettata di caz...

Gesù (tempestivo):
Perdonali, padre, poichè non sanno quello che fanno.

Dio:
Eccheppalle con 'ste uscite bibliche, figliolo! Ti è presa una brutta depressione da 2000 anni a questa parte: cerchiamo di rimettere le cose in prospettiva.

Buddha:
Hai detto bene, fratello: il distacco dalle passioni conduce alla beatitudine.

Silenzio imbarazzato di tutti.

Dio (dando di gomito ad Allah):
Quello mi sembra una preda facile: facciamo fifty-fifty?
Nella foto: il presepe.

sabato, giugno 10, 2006

Completely a la pàge.

Nel malfa-bar che frequento ormai da ere geologiche, vedere un po' di figa è un evento eccezionale.

Le facce sono sempre le stesse, almeno da una doppia cifra di anni. A rotazione ne vedi sbroccare una per manifesto eccesso etilico: questa è la massima attrazione che la serata può offrirti, generalmente.

Senonchè ieri, verso l'una e mezza di notte, è entrata una sciura sui 60, perfettamente sobria, accompagnata da un'amica.

Bell'evento del cazzo, direte voi.

Aveva la testa piena di bigodini.
Lo giuro.

E con questa, direi che me ne mancano poche.

venerdì, giugno 09, 2006

Il blog, questo sconosciuto.


Problemi che mai avrei immaginato mi assillano.

Come si aggiungerà mai un link?
Il template aspetta un tuo intervento o quando si è stufato cambia da solo?
Quale cazzo sarà il tag per scrivere in rosso?

E soprattutto: quante gufate servono per far venire a Ronaldinho un ascesso fulminante nel corso del mese?
Nella foto: io, con quella gengiva gonfia, sorriderei un po' meno.

giovedì, giugno 08, 2006

Josè Gonzalez, con la "Z" di Zuperman.

Consiglio vivamente a tutti di scaricare qualsiasi cosa troviate di costui.
Occhio: genera una certa dipendenza.

Cercavo i Mama, son finito al MOM.

Capita che vai a trovare degli ex colleghi e non li trovi.

Magari hai una scomodissima chitarra a tracolla e 1000 buone ragioni per non tornare a casa.
Allora ti fermi nel primo posto con un po' di gente fuori e ordini da bere.
Così, tanto per ragionare sui tuoi cazzi con quel tocco di colore che in stati di sobrietà ti manca.

Bere da solo è triste, ma "che ci vuoi fare?" ti ripeti, mica pretendevi di divertirti prima di giungere qui.

Poi, mentre te ne stai per andare, vedi un cartello che indica tuoi simili. Addirittura tra i più famosi.
E così vinci quel pelo di imbarazzo, ti presenti e passi una piacevole serata a parlare con dei perfetti sconosciuti.

Proprio tu.
Con quella tua faccia da cazzo, la chitarra e tutto il resto.

Peccato che non foste tutte strafighe innamorate di me, ma siete stati ugualmente molto simpatici.
Grazie a tutti.

Anche a nome delle mie occhiaie.

mercoledì, giugno 07, 2006

Per fare un film, ce ne vogliono tre.

Prima che esplodesse questa moda del cazzo, Matrix era un bel film, Aragorn non aveva l'improbabile espressività di Viggo Mortensen ed Harry Potter non era ancora in lizza per il Pulitzer.
Vero anche è che Tempesta degli X-Men non era così fica, però in linea di massima non mi pare che l'innegabile guadagno onanistico di questa svolta compensi i deleteri effetti collaterali.

Ma adesso basta rimuginare: le logiche di mercato chiamano, e io, che sono notoriamente un intelligentone, voglio cavalcare la grande onda del cambiamento. Ecco quindi la mia sceneggiatura, solida candidata per il prossimo kolossal targato Hollywood.

Funziona così:

EPISODIO 1

Musashi è un pacifico copywriter di Milano, un po' sfigato e timido. Quando rimane chiuso per 6 ore in un autolavaggio, si trasforma in Musashimaru: l'invincibile copy_dallo_stipendio_di_giada che terrorizza gli account e i clienti di tutto il mondo, caga headline dorate come noccioline e visual appropriatissimi.
La trasformazione dura una sola giornata, e lui ne è ovviamente ignaro.
Il problema è che Kiki Musampa, graziosa art director di cui è Musashi è innamoratissimo, lo snobba perchè innamoratissima del suo super alter ego. Risultato: Musashi cambia nome in Apocalisse, diventa un genio del male e giura di perseguitare implacabilmente il suo acerrimo rivale Musashimaru, che poi è sempre lui anche se non lo sa.

Il primo film si chiude con la sequenza cult in cui il protagonista cede al lato oscuro della forza: in un ristorante giapponese di nome Tomoyoshi.
Particolare agghiacciante: tra le fauci stringe ancora un pezzetto di sashimi.

INTERPRETI:

Musashi, Musashimaru, Apocalisse
Io.

Kiki Musampa
Wynona Rider.

EPISODIO II

Apocalisse rapisce Kiki Musampa, la porta nel suo tugurio e sfida Musashimaru ad andarsela a riprendere.
Nelle claustrofobiche ore che seguono, la scaltra Kiki s’inventa uno stratagemma a caso (una cosa tipo “ehi, Apo, qui è finita la carta igienica, mi accompagni giù a farla al bar?”) per cercare la fuga.
Apocalisse, che come tutti i geni del male riesce ad essere incredibilmente ottuso, se la beve con tutta la cannuccia e accetta. Solo che sotto casa sua non c’è un bar, bensì…(rullo di tamburi) un autolavaggio!
Ecco quindi che nell’ultima scena Kiki riesce a chiudere il nemico all’interno della struttura e dileguarsi nella notte.

Dopo 5 ore e 59 minuti di bestemmie assortite da parte del malvagio, scorrono i titoli di coda. Subito le bestemmie passano agli spettatori, traditi sul più bello.

INTERPRETI:

Musashi, Musashimaru, Apocalisse
Sempre io.

Kiki Musampa
Sempre Wynona Rider.

Omino dell’autolavaggio
Brandon Lee, resuscitato per l’occasione con la tecnica del motion capture al computer.

EPISODIO III

l’episodio finale si apre con un Flashback sulla vita della giovane eroina Musampa, che si ricorda da piccola quando con il suo retino fucsia cacciava farfalle felice e spensierata, nei sobborghi di Cesano Boscone.
Ma poi esplode l’azione pura: allo scoccare della sesta ora di prigionia nell’autolavaggio, Apocalisse si trasforma in Musashimaru, che dopo aver coniato il payoff “just do it” per Nike e il celeberrimo slogan “o così o Pomì” per l’indagatissima Cirio, scopre la sua doppia identità guardandosi nello specchietto retrovisore di una Croma.
Sconvolto dal dolore, vuole suicidarsi per sconfiggere definitivamente il nemico, ma viene fermato giusto in tempo dalla bella art ritornata sui suoi passi. Lei ha la soluzione: pare infatti che bevendo una Lemonsoda durante la classica posizione del missionario, tutte le multiple personalità dello sfigatissimo protagonista si ricongiungerebbero per sempre e lui potrebbe tornare libero. Perso per perso il supereroe (che non è un coglione) si presta all’esperimento e i due finalmente trombano come ricci.
Si arriva così al momento topico dell’intera produzione, la sequenza della Lemonsoda, che, per aggiungere pathos, viene mostrata interamente al rallentatore e con l’effetto nero di seppia.
Musashi si risveglia senza ricordarsi un cazzo di nulla, ma finalmente avvinghiato alla sua bella.
Non essendo nemmeno lui coglione non si pone domande inutili, coglie la palla al balzo e la invita a mangiare il sushi. Lei accetta, e vissero tutti felici e contenti.

Come sequenza nascosta, dopo i titoli vengono mostrati i protagonisti 10 anni dopo: Musashi è un direttore creativo di successo presso la Ogilvy, Kiki molla l’ambiente pubblicitario e si dedica alla supplenza di trigonometria in un liceo di provincia. I due si sposano e fanno 16 figli tutti maschi, che diventeranno poi l’invincibile New Team.

INTERPRETI:

Musashi, Musashimaru, Apocalisse
Invariabilmente io.

Kiki Musampa
Jenna Jameson (ritenuta più adatta della Rider a recitare l’estenuante sequenza della Lemonsoda).

Omino del Sushi
Bruce Lee, che nella hidden scene si ricongiunge al figlio a due passi dall’autolavaggio.

Bello è bello, spero solo che non divida la critica.
Nella foto: il più talentuoso dei figli della coppia: gioca a centrocampo.

lunedì, giugno 05, 2006

Sic transit gloria mundi.

La qualità dei miei weekend è uguale dal compimento del 14esimo anno di età.

Non uso più l'Indian Pipe perchè mi gratta la gola, non mischio più di tanto perchè il Day After è più pungente, ma in buona sostanza il resto non è cambiato di una virgola: si inizia con una birra, si finisce con un mal di testa.
E il tremendo sospetto di dover chiedere scusa a qualcuna il giorno dopo, per qualcosa che non ricordo bene.

O che, per meglio dire, non ricordo affatto.
Nella foto: un futuro mal di testa.

giovedì, giugno 01, 2006

First me, second me.

Tanto per farmi nuove inimicizie, è da un po' che leggo blog altrui.
A parte che sì, non ho davvero un cazzo da fare, in taluni casi lascio traccia del mio passaggio.

Riprovevole, nevvero?

So che per i Taluni non ci sarebbe alcun problema se non lo facessi, ma è un vezzo che mi concedo così, tanto per sollazzarmi la materia grigia.

Volevo solo far sapere ai diretti interessati che se la cosa vi infastidisce, potete sempre inviarmi un virus via mail.

Io vi capirò.

Ho capito.


Stanotte, al culmine dell'insonnia (raggiungibile all'accensione della seconda sigaretta) ho avuto l'illuminazione definitiva.

Trattasi di intuizione in grado di motivare in un attimo 29 anni di vita inutili, e al contempo rendere inutile tutto il successivo lasso di tempo, che per fortuna non mi è ancora dato sapere con certezza.
Mi mancava un tassello. Il più ovvio, volendo: mi mancava Einstein.

Non che non conoscessi la teoria della relatività, semplicemente non ci capivo una mazza.
Era quel cazzo di c al quadrato che mi sfuggiva, che non mi avevano spiegato bene. Il resto era già tutto chiaro per istinto.

Quindi ecco il tentativo: prendete Gorgia, alla lettera, e schiaffatelo in un frullatore con la famosissima formula E=mc2 e i precetti base del capitalismo secondo l'enunciazione di Adam Smith.

Accendete il marchingegno e, ottenuta la mistura, rollatela a piacere.
Già dal primo tiro, desidererete fortemente rispolverare rivendicazioni sofiste.

Cazzo, avevano ragione loro!
Nella foto: Nulla esiste; se anche qualcosa esistesse, non potrebbe essere comprensibile all'uomo; se anche qualcosa fosse comprensibile, sarebbe incomunicabile.